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Shiatsu in carcere - 1
di Maria Grazia Di Blasi
Dove "abita" il bisogno ? certo, negli ospedali, tra gli anziani o i portatori di Handicap. Una sorta di rifiuto ci porta spesso, però, a dimenticare che il bisogno, anche se non espresso o richiesto, abita anche tra i reclusi.Maria Grazia Di Blasi e Anna Vezzoli hanno tenuto e appena concluso il primo ciclo di incontri di Shiatsu presso la casa circondariale di Monza. Un esempio coraggioso e speriamo non l'ultimo...
Lo Shiatsu può essere una risposta, i risultati ci sono e incoraggiano.
Io e Anna Abbiamo deciso di confrontarci con questa realtà dove la dimensione umana, i confini, il rispetto assumono un significato amplificato e allo stesso tempo ridotto, dove ogni momento della giornata è segnato dalle regole: c'è un ora per andare in bagno, per parlare, per tenere accesa la luce, per lavarsi per mangiare per dormire per fumare.
All'inizio eravamo partite con un programma che prevedeva un lavoro piuttosto tecnico improntato maggiormente sul fisico e sulla postura che aveva lo scopo di fornire alle detenute alcuni strumenti utili per riuscire ad integrarsi e ad accettare meglio la loro condizione fondamentale di mancanza di libertà. In realtà integrate forse lo erano fin troppo, mentre eravamo noi che dovevamo rapportarci al loro modus vivendi, alle loro regole ai loro ritmi.
Dopo i primi incontri ci siamo rese conto che se volevamo sintonizzarci sulle loro frequenze dovevamo vibrare su un livello tutt'altro che fisico in quanto il quadro che ci si prospettava era completamente diverso da quello che il nostro immaginario si era creato. II loro bisogni non corrispondevano a quelli che noi pensavamo, credevamo essere la necessità di un detenuto.
Eravamo cadute nella trappola del "fare" e del "condizionamento mentale"mentre la chiave giusta per entrare era la semplicità e l'ascolto dei loro bisogni che il più delle volte si concretizzavano nella necessità di evadere da quella realtà uscire dai confini di spazio e tempo segnati dai cancelli e dalle regole, in un bisogno di sentire e di sentirsi che potevano realizzare nel contatto fisico senza aver timore di essere giudicate, oppure nel bisogno di stare insieme in armonia tra di loro - stare senza fare - e la conferma l'abbiamo avuta quando, in alcune occasioni, pur non lavorando, alcune di loro scendevano soltanto per condividere e respirare con noi e con le altre lo spazio e l'atmosfera che loro stesse creavano.
A questo punto la nostra "formula" è stata quella di giocare con lo Shiatsu adattando e semplificando al massimo cercando di dare spazio all' espressione del loro sentire, del loro percepire, fornendo delle indicazioni di lavoro dei suggerimenti e alcune strategie di lavoro.
Ed è proprio questa esperienza che ci ha fatto veramente comprendere il significato che parole come adattabilità - semplicità - rispetto - comprensione - umiltà - dignità hanno nello shiatsu, e come un atteggiamento che comprenda queste caratteristiche sia fondamentale prima di tutto a noi shiatsuka. A questo proposito mi viene in mente una frase di Paolo Coelho "Mettiti sempre nei panni degli altri, se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così"
Ringrazio il direttore del carcere il Dottor Siciliano e l'educatrice Dott.ssa Inciardi per la loro grande disponibilità, per l' umanità dimostrata il senso civico e l'interesse nella rieducazione degli ospiti della casa circondariale di Monza, che ci hanno permesso di vivere questa esperienza e di renderla ripetibile fornendo un'altra grande opportunità a noi e alle ospiti della casa circondariale, alle quali va il nostro affetto e la nostra solidarietà. |
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